Uno dei massimi artisti italiani viventi si svela attraverso opere mai o molto raramente mostrate al pubblico: appuntamento, fino al 12 marzo, al Mart, con la personale dedicata a Eliseo Mattiacci. Un evento con cui si chiude – dopo le grandi antologie su Giuseppe Penone e Robert Morris - la trilogia sulla scultura contemporanea ospitata dal polo culturale di Rovereto. L’artista marchigiano, precursore, agli esordi, dell’Arte povera, si esprime attraverso una selezione di lavori per lo più di grandi dimensioni, in un’ampia retrospettiva che ripercorre la sua intera carriera. Il percorso racconta la parabola di uno tra gli scultori italiani più amati, presentando opere quasi mai esposte.
La mostra, il cui titolo prende a prestito il nome dell’artista, presenta opere capitali, come Locomotiva (1964), un lavoro degli esordi, in cui sono presenti intuizioni e temi che saranno determinanti per lo sviluppo successivo della poetica di Mattiacci. Nel percorso di visita si incontrano sculture che per complessità e misura sono di difficile installazione, come la celebre Motociclista (1981) che, esposta solo due volte nell’81 e nell’82, preannuncia il passaggio dalla dimensione terrestre a quella cosmica, e La mia idea del cosmo (2001), in cui emergono una dimensione sognante e contemplativa. Sono inoltre presenti lavori entrati nella storia delle Biennali veneziane del 1972 e del 1988.
Una ventina di schizzi fanno da contraltare alla monumentalità delle installazioni. Il disegno è un linguaggio per il quale Mattiacci è meno noto. Eseguiti principalmente in inchiostro e grafite, questi bozzetti non hanno a che fare con la progettazione delle sculture, ma costituiscono una raccolta di idee e ispirazioni che si relazionano, a livello tematico e semantico, con la cosmologia dell’artista.
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